PUBLIC HISTORY
Anno accademico 2020/2021 - Docente: GIANCARLO POIDOMANIPrerequisiti richiesti
Una conoscenza delle principali modalità di espressione e di diffusione "pubblica" degli argomenti storici: mass media-musei-re-enactment-digital public history
Contenuti del corso
Che cos'è la PH: origini e obiettivi
La PH nella realtà: musei; mass media; re-enactment ecc
L'immaginario storico nei mass media
Se si vuole riuscire a coinvolgere chi si ha davanti è sempre necessario dare vita a un processo creativo, perché ciò accada dobbiamo individuare e provare una serie di narrazioni possibili modificando sempre il punto di vista, così da costruire differenti modi di raccontare la stessa cosa, spiazzare il proprio pubblico per attirarne l’attenzione
Da alcuni anni, e prima ancora che lo scrivesse Serge Gruzinski, anche in Italia molti storici di professione hanno capito che:
fare storia senza esaminare i molteplici schermi contemporanei che ci circondano, ignorando i cineasti, gli scultori, i coreografi e tutti coloro che mettono in scena il nostro presente, si traduce nell’autoconfinamento della disciplina in un accademismo convenzionale che sempre più le fa perdere di credibilità.
Molti tra questi storici hanno recentemente aderito alla nascita della prima Associazione Italiana di Public History (AIPH). Uno dei suoi fondatori ha scritto della necessità di tenere insieme: «il “fare storia” e la sua narrazione, la ricezione che essa ha nel pubblico, attraverso una sua sempre più corale e interattiva fruizione» coniugando i percorsi di ricerca «con un’avveduta metodologia scientifica (…) attraverso i linguaggi molteplici della storia rinvenibili nell’odierna società della comunicazione». La Public History nasce per «colmare l’enorme distanza esistente tra professionisti/e della storia e “pubblico”, individuare nuove pratiche discorsive e nuovi linguaggi, creare comunicazione circolare, favorire l’elaborazione di una “memoria pubblica” sfaccettata e consapevole», coniugando «ricerca scientifica e immaginario sociale (…) in una dimensione in cui la collettività possa rileggere il passato e immaginare il futuro come risultato delle proprie azioni». Per fare questo, per costruire una storia che “appartenga” al pubblico, gli storici devono rinnovare le forme di narrazione delle loro ricerche in modo tale da raggiungere audiences esterne all’ambito accademico. Manfredi Scanagatta ha aggiunto che «il public historian deve essere capace di offrire differenti stimoli che possiamo definire “pop” a chi ascolta/legge/guarda» citando «film, canzoni, opere d’arte e libri che abbiano un riconoscimento mainstream».
Anche grazie alla Public History, la disciplina storica e storiografica ha cominciato dunque a misurarsi con tutto ciò che passa nei mass media, soprattutto, quelli di più larga diffusione come la tv e Internet. Fondamentale, nella pratica della Public History, è infatti l’attenzione verso la molteplicità dei linguaggi della storia nella moderna società della comunicazione: giornali, cinema, televisione, radio, internet (in particolare la cosiddetta Digital Public History) ecc. Come hanno scritto F. Mineccia e T. Detti nella introduzione al numero monografico di «Ricerche storiche» dedicato a Media e storia, il cambiamento dei linguaggi, dei materiali e degli oggetti della comunicazione storica ha determinato il cambiamento dei rapporti e delle modalità di fruizione della storia. I media hanno contribuito a introdurre, «molto meglio e più di quanto possa fare qualsiasi storico a titolo individuale», le novità rappresentate dalla storia sociale e delle mentalità, dalla storia del costume, della vita privata e della vita quotidiana, dei sentimenti e del genere.
Alle origini della Public History è l’esigenza di interrogarsi non solo sulla pratica della storia ma anche sul racconto della storia e, soprattutto, sulla sua ricezione da parte del pubblico. La Public history è «discesa della storia nell’arena pubblica, confronto con pubblici diversi, ed uso sistematico, per farlo, dei media di comunicazione di massa: la radio, la televisione, la rete (…) Si tratta di investire sulla memoria non soltanto usando le tecniche di conservazione delle fonti della contemporaneità, ma anche costruendole in ambiti virtuali (radio, televisione, fotografia, rete) o “fisici” (quando si pianificano parchi storici, musei e monumenti commemorativi), che immettono la storia nel quotidiano e introducono nella vita pubblica delle società la ricerca delle loro idee passate».
Testi di riferimento
la storia pubblica attribuisce maggior valore «alla forza della storia nella vita sociale e nell’immaginazione storica come fonte di significato». Se ogni individuo ha un proprio immaginario storico, frutto della sua storia personale allora ogni comunità ha, allo stesso modo, un proprio immaginario e un “senso comune” storico. Come ha scritto Walter Benjamin, la storia si aggrega in narrazioni ma si disperde per immagini. Ogni narrazione utilizza come materiale da “assemblare” immagini mentali o reali disperse in un reticolo fitto e complesso che chiamiamo appunto “immaginario”. Il campo della Public History è legato alle identità collettive e uno degli obiettivi dei public historian è quello di interpretare e contestualizzare memorie collettive che fanno parte di «un passato che è attivo nel nostro presente», facendo una «storia in contatto diretto con l’evoluzione della mentalità e del senso delle appartenenze collettive delle diverse comunità che convivono all’interno dello spazio nazionale e nel villaggio globale e valorizzare lo studio delle loro identità».
Se dunque la Public History si basa su una serie di pratiche capaci di rendere più consapevole il rapporto di una società con il passato», illuminando e rendendo «più e meglio visibile non solo la cosa di volta in volta guardata, ma anche la logica, culturale e discorsiva, dei diversi sguardi di volta in volta implicati e depositati sulla cosa, come un sedimento», allora rintracciare gli elementi di un immaginario storico collettivo in alcune serie tv mainstream potrebbe rappresentare uno dei tanti strumenti a disposizione di un public historian.
Autore | Titolo | Editore | Anno | ISBN |
---|---|---|---|---|
Paolo Bertella Farnetti, Lorenzo Bertucelli, Alfonso Botti (a cura di) | Public History. Discussioni e pratiche | Mimesis | 2017 | |
Maurizio Ridolfi | Verso la Public History. Fare e raccontare storia nel tempo presente | Pacini | 2017 | |
G. Poidomani | I Simpson e la storia | Sironi | 2016 |
Verifica dell'apprendimento
Modalità di verifica dell'apprendimento
La valutazione avverrà in modalità scritta, orale, di presentazione di paper e tesine